Anche con l’inizio del nuovo anno il dubbio amletico tra tasso variabile e tasso fisso accompagnerà il percorso di scelta del prestito ipotecario. A porsi questo dubbio saranno in circa 250mila, 60 mila solo nella provincia di Milano. Già, perché il volume delle compravendite si confermerà probabilmente – migliaia più migliaia meno – intorno alle 500mila compravendite nel 2018 e, secondo le previsioni, sarà anche confermato l’attuale trend che vede ricorrere all’aiutino del mutuo circa il 50% dei compratori di case italiani.
Ma oltre ai nuovi mutuatari questo dubbio se lo continueranno a porre anche tutti coloro che stanno già rimborsando un mutuo e che sono/dovrebbero essere sempre pronti a migliorarlo attraverso l’operazione di surroga. Un versante su cui - bisogna dirlo - gli italiani sono molto attivi e diligenti, nell’analizzare le varie offerte delle banche, scegliere la migliore e trasferire il debito di conseguenza. E se di recente sono risultate in calo non vuol dire che i debitori siano diventati all’improvviso più pigri, ma più semplicemente che molti di coloro i quali dovevano migliorare il vecchio mutuo – adeguandolo alla nuova «era dei tassi bassi» – lo hanno già fatto.
Tornando alla ricerca del tasso perfetto, sia per nuovi mutui che per surroghe, è bene dire che il 2018 metterà alla prova più che mai le conoscenze finanziarie del parco mutuatari. Perché i tassi variabili resteranno bassi mentre i fissi dovrebbero risalire un po’ in un contesto che però dovrebbe poi vedere dagli anni successivi lenti rialzi dei tassi variabili.
Quindi, che fare?
Il primo consiglio è consultare le offerte di più banche alla ricerca del Taeg (Tasso effettivo annuo globale, che include interessi e tutti gli altri oneri). Un consiglio mai banale perché molti commettono ancora l’errore di rivolgersi esclusivamente alla propria banca credendo che in virtù di una lunga amicizia questa riuscirà a proporci la migliore offerta.
Il secondo consiglio è di avere ben chiari, prima di cimentarsi nel dubbio finale (tasso fisso o variabile) almeno altri due parametri. Il primo consiste nel loan to value, ovvero quanto vale in percentuale il mutuo rispetto all’immobile. Se la casa vale 200mila e ne chiediamo in prestito 100mila il loan to value è del 50%. Se ne chiediamo invece 160mila il loan to value sale all’80%. Il loan to value è diventato negli ultimi anni un parametro decisivo, perché le banche calcolano sempre più spesso lo spread sulla base del loan to value (minore la percentuale finanziata, minore è il rischio per l’istituto finanziante).
Il secondo elemento ormai non trascurabile è la durata. La differenza tra gli indici Eurirs (che si aggiungono allo spread per calcolare il tasso finale del tasso fisso) a 5 anni e a 30 è oggi molto alta. Ne consegue che chiedere un fisso a 10 anni costerà molto meno rispetto a un mutuo a 30 anni. Maggiore è la durata minore è la rata, però. Ecco perché è bene effettuare delle simulazioni cercando di ottenere la «rata sostenibile».
Solo dopo aver sbrogliato questi due nodi si può dare con più attenzione un’occhiata alle offerte (fisso e variabile). E un elemento in questo periodo salta all’occhio: le banche hanno più voglia di erogare mutui a tasso fisso e lo si evince chiaramente dalla differenza tra gli spread praticati (nel migliore dei casi per il fisso si scende addirittura sotto lo 0,3% mentre per il variabile siamo allo 0,9%). Fino a quando gli istituti potranno continuare a praticare questi sconti?
[Fonte: ilsole24ore.it]